DIOCESI e PATRIARCATO
"INCONTRO AL RISORTO": LA LETTERA PASTORALE DEL PATRIARCA FRANCESCO iN PREPARAZIONE DELLA VISITA PASTORALE
Una corsa che coinvolge profondamente i singoli eppure mai solitaria, fatta sempre insieme ad altri - in “comunità” - e verso una meta precisa, quella “persona viva” - il Signore Gesù - che cambia la vita del mondo. La fede e la Chiesa sono racchiuse in un’immagine suggestiva: è un particolare del dipinto del pittore svizzero Eugène Burnand, che ritrae gli apostoli Pietro e Giovanni trafelati e diretti di corsa al sepolcro nella convulsa mattina della risurrezione, a campeggiare sulla copertina di “Incontro al Risorto”, la nuova lettera pastorale del Patriarca Francesco Moraglia uscita ufficialmente (ed. Marcianum Press) nel giorno del Giovedì Santo - presentata e “consegnata” durante la Messa del Crisma - e guarda già alla Visita pastorale che inizia in questi giorni, (metà Ottobre 2017). Senza distrazioni o indugi, discepoli di una Chiesa che corre incontro al suo Signore. E’ lo stesso Patriarca a motivare la scelta di questa icona evangelica: “Pietro e Giovanni corrono al sepolcro, sono personalmente coinvolti. Gesù, per loro, è una persona viva, reale, da incontrare, una persona con cui entrare in relazione senza frapporre indugi. Avvertono che se quanto le donne hanno riferito, seppur in modo disorganico, di ritorno dal sepolcro è vero, allora tutto cambierà, non solo per loro e gli altri discepoli ma per l’intera umanità”. Insomma quei due “sono immagine viva dei discepoli che, in ogni tempo, senza indugio, vanno incontro al Signore vincitore della morte. Non si attardano, non si lasciano attrarre o distrarre da altro, vanno all’Essenziale, al Signore Gesù. Sono immagine della Chiesa fedele che guarda al Signore risorto”.
La Visita, una gioia prima che un obbligo. Un’occasione per crescere, tutti insieme. La lettera evidenzia motivi e obiettivi della prossima Visita pastorale, la prima del Patriarca Francesco: “Prima d’essere un obbligo, come stabilisce il Codice di Diritto Canonico, è per il Vescovo causa di gioia; per un pastore è motivo di vera soddisfazione incontrare la sua Chiesa, i suoi preti, i suoi diaconi, i consacrati e i laici che vivono nelle differenti comunità di appartenenza. Scopo della Visita è crescere tutti - pastori e fedeli - nella comunione reciproca e, soprattutto, verso il Signore Gesù, partendodalla carità e dalla verità del Vangelo”. Occorre “ravvivare la fede, la speranza e la carità delle persone e delle comunità che di volta in volta verranno visitate, ponendo al centro di tutto il Signore Gesù, l’unico necessario, presentandolo particolarmente alle persone ferite e alle comunità sofferenti come Egli realmente è, ossia una persona viva, concreta, amica dell’uomo, evitando ogni deriva intellettualistica e moraleggiante”.
I Cenacoli, le Collaborazioni pastorali e i tre “fuochi” nell’azione della Chiesa veneziana. Nel nuovo testo affidato alla Diocesi il Patriarca fa il punto sul cammino in atto nella Chiesa veneziana e spiega che la Visita servirà a “porre particolare attenzione alle nascenti Collaborazioni tra le parrocchie; desidera incoraggiarle, aiutarle e rinforzarle, a partire dalla costituzione dei Cenacoli (di cui parlava già nella lettera precedente, uscita un anno fa, “Se la Chiesa non assume i sentimenti di Gesù” - n.d.r.). I Cenacoli - comunità “piccole” ma “aperte” che hanno come loro primo fine quello di lasciarsi evangelizzare e, poi, evangelizzare - rispondono certo ad un’urgenza connessa alla riduzione del numero dei presbiteri all’aumento della loro età, ma soprattutto ad una visione di Chiesa più compiuta, una Chiesa che si propone e si riconosce nella sua realtà di popolo di Dio, all’interno del quale troviamo tutte le vocazioni che il Signore suscita”. Sarà l’occasione per verificare e ravvivare l’impegno - nello stile e con il metodo della “collaborazione” - sui tre fronti da tempo individuati come prioritari: la cura dei più giovani (la maturazione della fede, la sfida educativa, l’affettività ecc.), la pastorale delle famiglie (specialmente quelle giovani), la formazione e la catechesi degli adulti (dottrina sociale della Chiesa).
La missione, parola d’ordine e “dna” di ogni comunità del Risorto. Per il Patriarca “la Chiesa è per essenza missionaria, esiste per la missione, momento essenziale e fondativo che appartiene all’essere stesso della Chiesa. Missione non è proselitismo ma gioiosa ed esplicita testimonianza del Vangelo e della personale appartenenza a Gesù e alla Chiesa. Nella missione la Chiesa pone in gioco se stessa ed è la missione che incessantemente genera e rigenera la fede plasmando il cristiano e l’intera comunità e offrendo loro, nella grazia, nuove energie e motivazioni; la fede si accresce testimoniandola anche a rischio della vita”. E cita tra l’altro la lettera a Diogneto che riaffida alla comune riflessione. Mons. Moraglia si sofferma poi sul rapporto tra Chiesa universale e Chiesa particolare nonché sulla necessità di comprendere che “diversità e complementarietà delle vocazioni sono una grande ricchezza della Chiesa e ne disegnano il volto variegato e vivo ma, insieme, sinfonico e tutto ciò si dà all’interno dell’unico popolo di Dio, che è tale nella costitutiva e vitale relazione con Gesù Cristo”: è l’ecclesiologia di comunione trasmessa e rilanciata con forza dal Concilio Vaticano II.
Ricentrare tutto sull’essenziale, con una “saggia perequazione”. Un ambito molto concreto su cui la lettera e la Visita invitano a misurarsi è quello che riguarda strutture e risorse a disposizione della comunità ecclesiale. Bisogna, osserva il Patriarca, ricentrare “tutto sull’essenziale del Vangelo. Il nostro tempo si caratterizzerà per una realtà ecclesiale più leggera e meno legata alle strutture. Se, per un verso, esse sono necessarie e il passato, anche recente, ce ne ha consegnate in gran numero, per il futuro dovranno essere considerate con attenzione, saggezza e sobrietà. Una maggiore consapevolezza di fede ci domanda di ripensare le strutture di cui la nostra pastorale si serve”. La lettera del Patriarca invoca una “saggia perequazione” e afferma: “Le strutture che aiutano a dar voce e visibilità alla Parola, all’Eucaristia e alla carità - nelle cangianti situazioni storiche - vanno conservate e, se è il caso, potenziate o, comunque, sempre “rimodulate”. Si tratta di creare quelle condizioni affinché le nostre comunità, anche le più piccole, con stile evangelico, esprimano una pastorale che faccia rivivere l’Evento cristiano. La Visita sarà l’occasione per riflettere e maturare una comune linea diocesana in modo che si riequilibrino i rapporti fra le parrocchie e le Collaborazioni, per cui non ci siano quelle che vivono nell’abbondanza e quelle che soffrono per mancanza del necessario”. Sarà quindi “cura del Vescovo, con l’aiuto dei collaboratori e della stessa comunità visitata, valutare strutture e strumenti a servizio della pastorale in vista anche di una opportuna perequazione dei beni tra le comunità. Tutto verrà considerato con magnanimità e prudenza per comprendere cosa sia da incoraggiare e rafforzare oppure da correggere e ripensare“.
Comunità più consapevoli e missionarie, a partire dai Cenacoli, per una Chiesa “in uscita”. Il rinnovamento in atto nella Chiesa veneziana punta a procedere più speditamente e decisamente verso una “Chiesa in uscita, aperta e disponibile al mondo” secondo la logica della “comunità piccola e umile” ma significativa perché missionaria e in comunione, secondo quello “spirito eucaristico che porta a camminare verso l’unico necessario, il Signore”. Torna, in conclusione, l’immagine della corsa al sepolcro di Pietro e Giovanni, “segni evidenti di una Chiesa che procede “sinodalmente” verso il Signore Gesù. Una Chiesa che crede, ama e si esprime attraverso piccole comunità che, con i suoi membri, procede in spirito di comunione e tenendo lo sguardo al Risorto. Tutto ha un fine: testimoniare Gesù lì dove si vive, dove si è mandati. E proprio lì si vuole esprimere una Chiesa che sia continuamente evangelizzata per poter
evangelizzare. Piccole comunità che si lasciano condurre dal Signore nella fede e nell’amore, così da plasmare una Chiesa che esca, annunci, abiti, educhi e trasfiguri”.
La lettera pastorale “Incontro al Risorto” è disponibile, in vendita, presso le librerie Studium di Venezia e San Michele di Mestre (Edizioni Marcianum Press - prezzo di copertina euro 4,90); alcune copie vengono, inoltre, distribuite direttamente in questi giorni ai sacerdoti e alle comunità della Diocesi.
"SE LA CHIESA NON ASSUME I SENTIMENTI DI GESU' ": LETTERA PASTORALE DEL PATRIARCA MORAGLIA
Il documento si rivolge alla Chiesa veneziana, “avendo di mira unicamente il suo bene”, per fare il punto ed orientare il percorso di formazione, avvio e messa in opera delle collaborazioni pastorali tra le comunità parrocchiali della Diocesi. «Con cuore fraterno, attento alle debolezze delle comunità vicine e con rinnovato slancio missionario dobbiamo aprirci con fiducia alle collaborazioni interparrocchiali condividendo ambiti pastorali in cui, non da oggi, non riusciamo più ad essere evangelicamente significativi nella comunità ecclesiale e nel quartiere o paese in cui viviamo». Il Patriarca ha messo a frutto anni di visite pastorali nelle parrocchie veneziane nelle quali ha potuto toccare con mano le varie realtà ma anche le difficoltà, da tempo sentita, a sostenere in modo efficace il peso di tutte le attività. A livello Diocesano si è discusso molto sull'organizzazione futura delle parrocchie e sul ruolo di ministri e laici e da tempo si parla di “Collaborazioni Pastorali”, alla luce di alcuni presupposti:
1) E’ sempre più difficile che la singola parrocchia sia autosufficiente, soprattutto se opera senza far rete con il territorio, e sarà perciò decisivo condividere il cammino con le altre comunità e curare un “respiro” vicariale e diocesano mediante le “collaborazioni” che ora verranno attuale in alcuni vicariati;
2) le singole parrocchie tenteranno di mantenere i fondamentali della vita cristiana quali l’eucaristia della domenica, i sacramenti, l’iniziazione cristiana dei piccoli mentre le attività più impegnative o in difficoltà andranno costruite e curate mediante le collaborazioni interparrocchiali e vicariali; diverrà così sempre più normale e “familiare” l’azione comune tra parrocchie, parroci con la cura pastorale di più comunità e che condividono la vita quotidiana, laici che accompagnano giovani e sposi di un vicariato, e momenti condivisi di preghiera, discernimento, conoscenza vicendevole, comunione e carità.
3) si individua la necessità di ripensare gli incarichi, lo stile e le modalità del ministero conferito ai sacerdoti, mediante formazione e coinvolgimento dei laici, interazione tra équipe vicariale, lavoro interparrocchiale. I sacerdoti saranno chiamati a sviluppare un’educazione e un’attitudine alla vita comune insieme ad una maggiore attenzione al dialogo, al confronto e allo studio ed una forte passione per l’accompagnamento spirituale;
4) Si mira a sviluppare un senso di corresponsabilità e appartenenza, che ha ha però bisogno di un “cuore” da cui ripartire sempre - costituito da preghiera quotidiana, ascolto, perdono e stima reciproca - e necessita anche di strumenti e organismi di partecipazione, come le équipe vicariali e i consigli pastorali, capaci di custodire e tessere la comunione ecclesiale promuovendo i carismi di tutti.
Francesco Dal Corso
PER RIAFFERMARE LA CENTRALITA' DELL'ANNUNCIO DEL VANGELO DI CRISTOdi don Angelo Pagan, Vicario generale
La lettera del Patriarca è indirizzata, parafrasando la Prima lettera dell’Apostolo Pietro, ai fedeli della Chiesa di Venezia, in quanto chiamati a essere pietre vive costruite in edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici graditi a Dio, mediante Gesù Cristo. L’immagine della costruzione organica e il riferimento al popolo sacerdotale è parsa particolarmente espressiva per una lettera pastorale che raccoglie il frutto di quattro anni di incontri personali e comunitari, nelle parrocchie e nei vicariati e nei molteplici organi diocesani di partecipazione clericali e laicali, con cui si è perseguito un dialogo franco in spirito di cristiana fraternità, per una presenza missionaria della nostra Chiesa nel territorio che desse seguito a un cammino iniziato già col patriarca Marco – e da allora proseguito con crescente concretezza, anche con le prime collaborazioni pastorali volute dal patriarca Angelo – e che ci aveva lasciato quasi in eredità al termine del suo servizio di vescovo diocesano.A volte può essere sembrato – e qualcuno l’ha anche detto negli incontri, voglio credere più per ribadirne l’urgenza che per spirito rinunciatario – che da più di vent’anni si tornasse a parlare delle stesse cose, ma che non si fosse fatto granché. In realtà, passo dopo passo, senz’altro anche con errori – ma per non commettere errori bisognerebbe starsene alla finestra a guardare – si sono realizzati passi concreti: anche organizzativi (le unità pastorali e le comunità pastorali) ma soprattutto di approfondimento e appropriazione della realtà teologica comunionale di battesimo e ordine.
La nuova lettera pastorale, “Se la Chiesa non assume i sentimenti di Gesù”, è dunque una lettera sulle collaborazioni pastorali nel senso essenziale dell’espressione, perché guarda all’attuazione sempre più concreta del valore vocazionale del battesimo e alla Chiesa unico soggetto adeguato della evangelizzazione nel territorio particolare in quanto specificamente dotata di tutti i Carismi necessari nella peculiare realtà. La Chiesa per essenza è missionaria: Gesù Cristo – portando a compimento la logica sacramentale iniziata nella prima Alleanza – ha istituito la Chiesa perché l’annuncio del suo Vangelo fosse portato a tutte le genti, unendole al suo Corpo con il dono del battesimo. Così una Chiesa che non annunci il Vangelo di Cristo e non generi nuovi cristiani, cioè una Chiesa non missionaria, cesserebbe per ciò stesso di aver ragione di esistere. Riaffermare la logica missionaria della Chiesa implica tornare alla radice che connota tutti i cristiani: il battesimo su un piano di uguaglianza fondamentale, articolandolo quel battesimo nella sua dinamica con il sacerdozio “ministeriale”, cioè “di servizio” al sacerdozio battesimale perché questo possa schiudersi alla pienezza della propria specifica sacerdotalità.
Il sacerdozio santo connota i fedeli battezzati come Popolo, non come singoli, perché il sacrificio gradito a Dio mediante Gesù Cristo non possa mai essere una questione di singoli: l’annuncio del Vangelo è compito di ciascun battezzato – sia egli laico o ordinato – ma sempre come missione del Popolo di Dio. La “collaborazione” quindi non è un elemento estrinseco,un metodo di lavoro, ma appartiene alla realtà del Popolo di Dio: nella comunione e con la comunione si annuncia il Vangelo.
Così, proprio quella realizzazione peculiarmente compiuta della comunione ecclesiale che è la Chiesa particolare è garanzia della possibilità di efficacia della missione perché “dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18, 20). Il desiderio, quindi, è che questa Lettera pastorale venga letta assieme nelle comunità parrocchiali e nei cenacoli di formazione delle collaborazioni pastorali, certi della presenza e guida del Signore se siamo riuniti nel suo nome. Una lettura della comunità ecclesiale per essere Chiesa missionaria oggi, raccogliendo con coraggio le sfide della contemporaneità, certi che il Vangelo di Gesù è l’unica parola che non mutando è sempre attuale per chiunque, anche per gli uomini più lontani e impensabili, perché è la risposta dell’Uomo all’umano.Da questa lettura comunitaria venga lo stimolo a rivalutare la nostra presenza missionaria, la nostra capacità di annuncio franco, di “parresia”, che si traduca anche nella necessaria riconsiderazione della nostra concreta presenza e attività, per non essere Chiesa prigioniera delle istituzioni ma libera di annunciare a tutti la Salvezza.
don Angelo Pagan, Vicario generale (da: "Gente Veneta, per gentile concessione)