RASSEGNA STAMPA: dicono di noi

 "IL GAZZETTINO" - SABATO 30.9.2017 

 "IL GAZZETTINO" - SABATO 23.3.2016 

Così la stampa locale, nel Marzo 2016, ha introdotto il tema delle "collaborazioni": il collega Alvise Sperandio, ben conosciuto in  Patriarcato e inventore del termine "sacerdote a scavalco", parlò allora di 'accorpamenti', termine che generò molte preoccupazioni tra i fedeli che temettero per il futuro delle proprie parrocchie. 

L'articolo fu seguito da altri interventi e precedette di poche ore la prima delle due lettere del Patriarca sul tema delle collaborazioni, "Se la chiesa non assume i sentimenti di Gesù" pubblicata il Giovedì Santo, un anno esatto prima del'uscita del nostro "Notiziario". Da allora le collaborazioni hanno infatti percorso molta strada: come si legge nell'articolo qui a fianco del 30/9/2017, don Natalino Bonazza - uno dei sacerdoti chiamati ad esercitare la condivisione del proprio ministero in più realtà - descrive la sua giornata e l'evoluzione della responsabilità dei fedeli, principo in linea con le aspettative espresse un anno fa dal Patriarca. 

 "GENTE VENETA" - GIOVEDI' 12.5.2016 
 DON DANILO BARLESE: "40 COLLABORAZIONI PER UNA CHIESA PIU' VIVA"

Prendono forma le collaborazioni pastorali. Come indica la scheda di queste pagine, vengono costituite in tutta la nostra Chiesa le realtà pastorali frutto di un lavoro lungo quattro anni, svolto in modo comunitario a tutti i livelli, diocesano, parrocchiale e degli organi di partecipazione. «Dobbiamo ringraziarne il Signore – sottolinea il Vicario per la Pastorale, don Danilo Barlese - e ne va reso merito a chi li ha attuati e, in particolare, a chi più si è speso sia in ambito parrocchiale che vicariale e diocesano».  

Sono 40 le collaborazioni pastorali identificate: «Hanno l'obiettivo – dice don Barlese – di traghettare, orientare il cammino a partire dal comune lavoro già ricordato. In questo contesto anche le realtà più forti sono chiamate a sostenere le più deboli e tutti siamo chiamati a lavorare insieme, in quanto Popolo di Dio, nello spirito del comune Battesimo riscoperto e valorizzato, della missionarietà, della sinodalità e della Chiesa in uscita indicata da papa Francesco e richiamata dal Patriarca nella sua recente lettera pastorale». E' un processo – questo verso le collaborazioni fra comunità – che coinvolge tutta la Diocesi. Il che significa che non ne sono estranee quelle parrocchie che risultano tali, cioè formalmente non parte di una collaborazione: «Anch'esse sono chiamate al coinvolgimento missionario verso le realtà vicine: ricordo in questo senso l'esempio dei giovani educatori di Jesolo, che danno una mano nelle parrocchie vicine. Ma questa logica vale per tutte quelle realtà “forti” che, per configurazione e storia, possono essere almeno attualmente meno toccate da questo processo».

Quattro passi per far crescere le collaborazioni. Un processo, appunto. Cioè un percorso, in divenire, per agevolare il quale è opportuno si compiano quattro passi. Questi: «Il primo – spiega il Vicario episcopale – è accogliere con cuore disponibile le collaborazioni indicate e avviare un processo in questa direzione, coinvolgendo e motivando tutti i battezzati». Il secondo è un impegno fattivo nel consolidare il lavoro comune sulle pastorali più in difficoltà: trasmettere la fede agli adolescenti, rallentando o arrestando l'emorragia cui di solito si assiste dopo la Cresima; confermare e sostenere nella fede le giovani famiglie e dar corpo alla catechesi degli adulti; infine coltivare il pensiero sociale della Chiesa.

La storia delle comunità e la formazione delle persone. L'impegno fattivo delle collaborazioni parrocchiali – continua don Barlese – può riguardare anche altri ambiti, perché il territorio diocesano è vario e mostra talune specificità che, nel tempo, si sono sviluppate nelle singole comunità e ne segnano virtuosamente la storia. Il terzo passo si chiama formazione, per tutti ma, in particolare, per i formatori e gli operatori di riferimento. Nuove opportunità, in questo senso, saranno offerte dalla Scuola Diocesana di Teologia Pastorale “San Lorenzo Giustiniani”.

Verso un cenacolo per ogni collaborazione. Il quarto passo, infine, coincide con la creazione dei cenacoli e con la partecipazione ad essi. «Il cenacolo – così l'ha definito il Patriarca descrivendolo, sabato scorso, al convegno dei gruppi d'ascolto - è una piccola comunità di 15-20 persone al massimo, compresi i sacerdoti, che fa una vita fraterna a partire dall’ascolto della Parola di Dio. E vita fraterna vuol dire che ascolta la Parola, prega e cerca di dire come si può rendere il Vangelo più vivo nel proprio territorio e nella propria comunità. Il cenacolo è cioè funzionale alla collaborazione pastorale. E si impegna in particolare a coinvolgere tutti i battezzati nelle pastorali comuni maggiormente in difficoltà» (adolescenti, giovani famiglie e adulti, ndr). Il cenacolo sarà composto da laici, sacerdoti, religiosi e diaconi. Ce ne sarà uno per ciascuna collaborazione e chi si renderà disponibile per farne parte ne parlerà con il proprio parroco.

Un incontro annuale con il Patriarca e i suoi collaboratori. Ogni cenacolo della collaborazione vivrà un proprio cammino formativo a carattere ecclesiale, spirituale e pastorale che valorizzerà l’incontro, la conoscenza, la riflessione e lo studio, la preghiera e la fraternità della piccola comunità. Sarà infine indicato e sussidiato dal coordinamento per la pastorale diocesana il percorso annuale fondamentale, ritmato su tre incontri prima di Natale e tre incontri prima di Pasqua. Per quanto possibile il Patriarca desidera incontrare annualmente ciascun cenacolo, di persona oppure attraverso i vicari episcopali. 

Giorgio Malavasi ("Gente Veneta")

 PATRIARCATO DI VENEZIA - UFFICIO STAMPA 
AVVIATE LE "COLLABORAZIONI" TRA LE PARROCCHIE 

Per la Chiesa di Venezia il 2017 sarà stato l’anno dell’avvio graduale ma sempre più sistematico delle collaborazioni pastorali nelle varie zone della Diocesi e secondo le loro specificità, con l’attivazione dei cenacoli che sono chiamati ad esserne il “cuore” e il “motore” ed anche con l’indicazione di una proposta formativa organica per i laici, in particolare attraverso la rinnovata Scuola diocesana di teologia pastorale. Tale prospettiva è emersa ed è stata affrontata venerdì scorso nel corso della riunione dei direttori e vicedirettori degli Uffici di Curia svoltasi a San Marco e alla presenza del Patriarca Francesco. Punto di riferimento nel cammino delle collaborazioni pastorali rimane la lettera di mons. Francesco Moraglia “Se la Chiesa non assume i sentimenti di Gesù” (ed. Marcianum Press), che raccoglieva il lavoro comune di mesi ed anni precedenti ma, nello stesso tempo, tratteggiava alcune linee e modalità del cammino futuro.

“Non stiamo impostando una pastorale ruvida o una pastorale della clava fatta di affermazioni perentorie – ha affermato il Patriarca – ma si tratta di portare le realtà pastorali che gravitano in un territorio ad essere soggetti coordinati e più grandi, attraverso un cammino educativo e formativo che punta in particolare su un laicato sempre più responsabile. Non si vuole distruggere ma valorizzare l’esistente; per questo si punta a collaborare e non ad unificare. Fare collaborazione pastorale significa mettersi insieme per far crescere l’impegno pastorale in un determinato ambito, con un respiro più ampio e non campanilistico. Non è, quindi, utopia ma cammino paziente”. 

L’insistenza sull’aspetto formativo è sostenuta da una precisa lettura della realtà e dal fatto che, come cristiani, si è sempre più minoranza nella società attuale ma, proprio per questo, vi è il bisogno e la necessità di essere a maggior ragione realtà (e persone) significative e di qualità. La prima visita pastorale, ha quindi aggiunto, non sarà una “kermesse” tra le varie collaborazioni ma essenzialmente “un momento di gioia, di incontro e di condivisione del nostro cammino, per verificarne i progressi e i miglioramenti”. E per questo sarà da preparare con molta cura.

Importante – per una realtà come quella veneziana (sia del centro storico che del litorale) – il saper elaborare ed offrire, come Chiesa, valide e maggiori proposte anche nel tempo dell’estate, tra catechesi ed arte, cultura e tempo libero. Sarebbe sempre più un segno decisivo di ascolto e di attenzione al contesto ambientale nel quale si è inseriti e alle tantissime persone (residenti, turisti ecc.) che lo abitano anche solo temporaneamente. 

Alessandro Polet (Ufficio Stampa - Patriarcato di Venezia, pubblicato su "Avvenire") 


 PATRIARCATO DI VENEZIA: - UFFICIO STAMPA 
COLLABORAZIONI PASTORALI, UN PERCORSO INELUDIBILE - di Alessandro Polet

Il titolo - “Se la Chiesa non assume i sentimenti di Gesù” - è tratto da un passaggio del discorso che Papa Francesco ha rivolto nel novembre 2015 alla Chiesa italiana riunita a Firenze: “Se la Chiesa non assume i sentimenti di Gesù, si disorienta, perde il senso. Se li assume, invece, sa essere all’altezza della sua missione”. Un cammino comune, non più rinviabile. Nelle prime pagine mons. Moraglia fa riferimento all’icona evangelica dell’incontro di Gesù con la donna samaritana: esempio di dialogo e annuncio, episodio che mostra il “totale superamento delle idee religiose e dei luoghi comuni del tempo; nello stesso tempo Gesù non cede in nulla al relativismo come, in altre occasioni, mostrerà di non voler cedere al pensiero unico dominante dell’epoca”.

Si evidenziano subito i capisaldi della lettera: l’ecclesiologia di comunione che “pone al centro il popolo di Dio”; l’insostituibilità del ministero ordinato; la realtà sacramentale della Chiesa, “superando le ristrette visioni giuridiche e le riduttive letture sociopolitiche”; l’istanza missionaria (Chiesa “in uscita”) e lo stile “sinodale”. C’è un invito per tutti: “Siamo chiamati come Chiesa E particolare a grande umiltà, libertà e coraggio. Ci viene chiesto d’iniziare un processo pastorale non più procrastinabile tanto per noi, oggi, quanto per coloro che verranno dopo di noi, domani”. Un cammino non più eludibile o rinviabile, che coinvolge anche gli ambiti e le realtà pastorali forti (o che si considerano tali) e non solo le situazioni più deboli o fragili. Vincendo le opposte tentazioni di rimandare ancora o guardare solo al proprio orticello…Insieme: verso Gesù e la sua vita umile, disinteressata e beata. La lettera riprende i cinque verbi - uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare - che sintetizzano l’esortazione apostolica Evangelii gaudium ed “hanno fornito la traccia per il Convegno della Chiesa italiana svoltosi a Firenze dove è risuonata la parola del Papa che ha delineato l’umanesimo cristiano per il nostro tempo a partire dalla figura umile, disinteressata e beata di Gesù”.

Questi verbi “costituiscono delle vie, dei veri e propri stili di vita ecclesiali che si intrecciano fra loro e sono destinati a segnare gli ambienti in cui viviamo”. Tre ambiti pastorali in particolare. Emerge così il cuore della questione e l’obiettivo del camminare insieme: “Dobbiamo pensare in concreto ad un’alleanza pastorale fra comunità parrocchiali, salvaguardando e potenziando quegli ambiti tuttora vitali della nostra azione pastorale e aprendoci a una collaborazione sincera, reale. Dobbiamo essere in grado di abitare gli spazi e i momenti della pastorale in atteggiamento sinodale, come Chiesa in cammino verso Gesù. Allo stesso modo, con cuore fraterno, attento alle debolezze delle comunità vicine e con rinnovato slancio missionario dobbiamo aprirci con fiducia alle collaborazioni interparrocchiali condividendo ambiti pastorali in cui, non da oggi, non riusciamo più ad essere evangelicamente significativi nella comunità ecclesiale e nel quartiere o paese in cui viviamo”.

Resta confermata l’attenzione verso i tre ambiti pastorali già indicati: educare e formare le nuove generazioni, la pastorale familiare (con particolare riguardo alle famiglie giovani o fragili), lo sguardo della Chiesa e della sua dottrina sociale per la “vita buona” dell’uomo. In ogni collaborazione pastorale un cuore pulsante: il “cenacolo”. Mons. Moraglia sollecita la riscoperta e la valorizzazione del dono del battesimo che chiama tutti i fedeli “a corresponsabilità, non solo in quanto collaboratori ed esecutori che si pongono come semplici uditori della Parola di Dio ma come coloro che sono chiamati ad annunciarla”. Si tratta di “deprivatizzare” il battesimo e rilanciare la carica missionaria che già contiene; in questo modo si potrà gioire della molteplicità e varietà di vocazioni all’interno della Chiesa, restituendo al ministero ordinato (del sacerdote) la sua specifica funzione. In ogni collaborazione pastorale il Patriarca chiede che si segua la logica e il metodo del “cenacolo”, “piccola comunità che vive una reale esperienza di Chiesa, una concreta formazione al discepolato che guarda all’imitazione di Cristo e alla comunità apostolica, che prega e s’impegna nella pastorale a partire dalla riscoperta grata del battesimo. Per una presenza efficace. Al cenacolo è essenziale che partecipino alcuni laici disposti ad impegnarsi, i consacrati, tutti i diaconi e i presbiteri che operano in quella porzione di Chiesa; in alcune occasioni si unirà a loro anche il vescovo. Lo scopo è realizzare quel soggetto evangelizzato ed evangelizzatore attraverso incontri e momenti in cui si possa crescere nella preghiera comune, nella spiritualità,nella conoscenza della fede, nella carità pastorale e, non da ultimo, nella fraternità”.

A partire da tale “cuore pulsante” si potrà “suscitare e vivere una presenza efficace della comunità cristiana sul territorio” attraverso servizi da avviare o potenziare: dall’accoglienza alla liturgia, dalla catechesi alla carità, dalla cultura e comunicazione ad altri ancora che emergeranno. Partire da obiettivi realizzabili, nella logica (evangelica) delle piccole cose. “Bisogna individuare ambiti specifici di vita pastorale e scegliere dove e come concretamente realizzarli. Non c’è una ricetta unica…”. Va tenuta conto “la storia di quel territorio e le sue caratteristiche o le esigenze della vita concreta di quelle comunità a cui si è mandati a vivere e annunciare il Vangelo. Partiamo da piccoli obiettivi, da cose semplici ma realizzabili, visibili e di cui si ha necessità”. Il Patriarca suggerisce anche che diventi stabile l’esperienza dell’evangelizzazione di strada in quanto “dove questa iniziativa ha preso piede, si è potuto constatare l’azione potente dello Spirito di Gesù. Sarà una piccola cosa ma è un’esperienza che stupisce, sia chi propone sia chi riceve l’annuncio”. Tentare nuove strade. Un richiamo, infine, alla concretezza e all’azione: “Non bisogna fermarsi alla pur doverosa analisi ma tentare nuove strade, costruire con umiltà, coraggio e concretezza, secondo la logica di Betlemme, di Nazareth e del cenacolo di Gerusalemme, ossia la logica delle piccole cose”. La lettera pastorale è stata pubblicata e distribuita da Marcianum Press; il Patriarca l'ha presentata ufficialmente durante la Messa del Crisma del 24 marzo, giovedì santo, nella basilica di S. Marco a Venezia. La lettera è stata lì consegnata a sacerdoti e diaconi, parrocchie e collaborazioni pastorali della Diocesi.

Alessandro Polet 
(da: "Gente Veneta" - per gentile concessione)